ARCHIVIO CAMOGLI IERI

2609.   CASTELLO DI PARAGGI    
Autore: Marcello Bozzo         bozzo@agenziabozzo.it
Epoca:  anno 1900 c

Origine: cartolina             -            Fotografo: sconosciuto

NOTE:

Il Castello di Paraggi come si presentava al termine del restauro.

Il nome "Castello Brown" sulla cartolina non è un errore: mentre Montagu Brown acquistava il Castello sulla penisola di Portofino, Federico Brown, il fratello minore di Montagu, acquistava quello di Paraggi.

In conseguenza, per un certo periodo ambedue i Castelli vennero chiamati "Castello Brown".

Questo secondo castello, posto sulla strada per Portofino, da molti anni era ormai in disuso e si presentava fatiscente ed in cattive condizioni (vedi fotografia in quello stato alla scheda N° 1460).

Nel Medioevo fu di proprietà dei Fieschi.

In seguito al fallimento della congiura contro Andrea Doria (1547) venne incamerato dalla Repubblica di Genova che lo utilizzò per la difesa dallo sbarco dei pirati.

Alla Repubblica restò sino al 1805, quando la Liguria entrò a far parte dell'Impero Francese.

Nel 1815, alla fine dell'epopea napoleonica, venne occupato dalle truppe sabaude, che nella prima metà del 1800 lo abbandonarono, venendo meno la sua importanza strategica.

Quando Federico Brown nel 1882 si sposò, acquistò dal Regio Demanio il Castello di Paraggi.

Lo stesso Federico si occupò di un primo progetto di trasformazione in abitazione, che poi abbandonò. Su suggerimento dell'amico Arch. Alfredo d'Andrade il nuovo progetto fu affidato all'Ing. Tamburelli.

Nella ristrutturazione venne riempito il fosso che divideva il Castello dalla terraferma coprendo il ponticello che lo attraversava con il sedime della nuova strada carrozzabile tra Santa Margherita e Portofino.

La piazzola dei cannoni al lato mare del terzo piano venne coperta, dando così maggiore uniformità estetica alla costruzione.

Nell'inverno del 1890 il Castello di Paraggi risultava ormai completamente restaurato.

Nel 1913, dopo 23 anni, Federico Brown vendette la proprietà del Castello alla famiglia Goretti che, al termine della seconda guerra mondiale lo cedette a sua volta alla famiglia Bonomi Bolchini, attuale proprietaria.

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