ARCHIVIO VECCHIE VELE


                                                                                                               
 

1236 A.

SEBASTIANO DALL'ORSO
ITALIA

ELENCO ALFABETICO VELIERI
 

Epoca: anno 1890 c Fotografo: sconosciuto
Origine: Archivio

autore: Marcello Bozzo NOTE:  bozzo@agenziabozzo.it

Il brigantino a palo Sebastiano Dall'Orso durante una bonaccia.

Venne costruito nel 1882 dal cantiere di
B. Cerruti a Varazze.

Scafo in legno.
Stazza 1104 tsl, 1074 tsn.

Lunghezza m. 58,96.
Larghezza m. 10,94.
Immersione m. 7,28.

Dal 1882 al 1890 Armatore Sebastiano Dall'Orso & Figli  di Chiavari.
       Compartimento Marittimo di Genova.
       Comandante il Cap. Cremonini dal 1888 al 1889.


Nel 1891
Armatore Michele & Andrea Dall'Orso fu G., ribattezzato Italia.
       Compartimento Marittimo di La Spezia.
       Comandante il Cap. P. R. Perasso 1889-1892.

Durante l'ultimo viaggio il carico si incendiò e lunedì 3 ottobre 1892 il bastimento fu portato ad arenarsi sugli scogli di Tristan da Cunha.
 


                                                     BREVE   STORIA

      del naufragio per incendio del bastimento ITALIA a Tristan da Cunha il 3.10. 1892


Il brigantino a palo
Italia era salpato da Greenock (Scozia) il 3 agosto 1892 con a bordo diciassette uomini di equipaggio e nelle stive 1600 tonnellate di carbon fossile, con destinazione Cape Town (Sud Africa).

La solitaria navigazione atlantica procedeva tranquilla. La nave, spinta dagli alisei, si trovava già a metà strada
quando il mattino del 28 settembre dalle stive saliva un acre odore di gas. Aperto un boccaporto i marinai furono investiti da una corrente d'aria calda ed i loro peggiori timori si palesarono: nel profondo del carbone stivato si stava sviluppando un incendio per autocombustione ed essi si trovarono soli in mezzo all'oceano su una nave di legno con il fuoco nella pancia.

Si chiusero i boccaporti per togliere ossigeno alla combustione aprendoli solo il momento di gettarvi acqua.  Frattanto il bastimento continuava la sua corsa puntando a tutta vela verso l'unica terra vicina, l'isola di Tristan Da Cunha distante 80 miglia a SE da loro.

Il 2 ottobre, dopo quattro giorni di navigazione dalla scoperta del fuoco, all'improvviso il boccaporto di mezzo saltò in aria con un'esplosione e le fiamme uscirono libere. Ridotte le vele per non forzare troppo il barco onde non rischiare di spezzarlo, indebolito co'era, a forza di gettare acqua di mare sul carbone si riuscì a navigare ancora per un giorno.

La mattina seguente, il 3 ottobre, giunsero in vista di Tristan Da Cunha distante circa venti miglia. Dapprima videro il Picco elevarsi alto all'orizzonte con la sua cima a 2600 metri. Dopo mezz'ora seguì la vista della riga bianca del mare sottostante che si frangeva sulla ripida costa. Infine raggiunta l'isola il comandante del brigantino, Cap. Perasso di Chiavari, la circumnavigò schivando le secche alla vana ricerca di una calanca o di una spiaggia su cui arenarsi.

Ormai arrivava la sera e non si poteva più attendere ché il fuoco aumentava di intensità. Alla sua luce il capitano spinse la nave su una spiaggetta tra gli scogli ad una cinquantina di metri dall'alta ripa.

Dando ordine di abbandonare la nave, fece imbarcare sulle lance, insieme ai marinai, tutto il materiale possibile che poteva essere utile alla loro sopravvivenza: cibo, acqua in barili, abiti, vele, cassette dei ferri e dei medicinali, reti, ecc.

Anche la campana di bordo venne portata in salvo ed ora fa bella mostra di sé nel piccolo museo di Tristan.

Grazie alla perizia del capitano e dei marinai, nel naufragio nessuno perse la vita.

Qualche ora dopo una seconda forte esplosione squarciò definitivamente la nave, che si rovesciò sul fondale tra i detriti ed altro materiale e la mattina seguente venne anch'esso recuperato.

Il giorno 6 ottobre, raccolto dal mare quanto possibile, alcuni uomini divisi in gruppi partirono alla traversata dell'isola in varie direzioni, ma il cammino era difficoltoso e fu con una lancia che i naufraghi riuscirono a raggiungere l'unico abitato dell'isola, chiamato Edinburgh.

Gli abitanti, un centinaio di persone, accolsero i naufraghi con grande calore ed amicizia aprendo loro le proprie case e rifocillandoli.

Nei mesi che seguirono, in attesa del passaggio di una nave i marinai del brick Italia contraccambiarono l'ospitalità facendo i più svariati lavori: chi riparava e pitturava le case, chi faceva steccati, recinzioni o muretti per gli orti, tutti lavoravano a qualcosa. C'era persino chi insegnava ad usare le reti da pesca, recuperate dalla nave. Infatti c'era il detto: "O mainà no gh'è ninte ch'o no sacce fà".

Gli isolani erano lieti di tutto questo "trambusto". Una preghiera era frequente tra le ragazze di Tristan: "Signore Iddio, mandaci un naufragio e dacci così un marito e legna per costruire la nostra casa!".

In questi giorni tranquilli che i naufraghi passavano sull'isola, accadde che tre marinai di Camogli si innamorassero di altrettante fanciulle di Tristan.

In capo a sei mesi una baleniera americana sostò a Tristan per l'acquata ed i naufraghi ne approfittarono per tornare in patria.

Due di essi
, Gaetano Lavarello e Andrea Repetto decisero di rimanere. Si fecero una famiglia con le rispettive ragazze. Ebbero figli e nipoti ed i loro cognomi ancora figurano tra gli otto che portano i 250 abitanti della remota isola.

Anche il nostromo Agostino Lavarello s’innamorò di una bella ragazza, ma l’anno dopo la nostalgia lo immalinconiva ogni giorno di più, tanto che lo fece ritornare a Camogli.

Nel 1930 Agostino Lavarello ricordò in un libro quegli avvenimenti e nella postfazione dedicò queste parole alla fidanzata Mary:

«Io non la so rievocare che bionda e fresca come allora. Talvolta l’illusione é così forte che mi sembra vederla ancora rientrare correndo al suo piccolo nido e volgersi per l’ultima volta con le mani protese nell’estremo addio»
.

Non si rividero mai più.

ELENCO ALFABETICO VELIERI