ARCHIVIO VECCHIE VELE


                                                                                                      
 

1064 A.

AQUILA
ADELAIDE
ADELAIDE MARGHERITA

ELENCO ALFABETICO VELIERI

Epoca: anno nd Fotografo: sconosciuto
Origine: g.c. Mauro Millefiorini

autore: Marcello Bozzo NOTE:  bozzo@agenziabozzo.it

La nave goletta Aquila in banchina a Poole, Inghilterra, nel 1923.

Venne costruita dal cantiere di E. Calamaro a Savona nel 1904.
Scafo in legno di quercia e pino, con un ponte e due ordini di bagli, opera viva foderata in metallo giallo.
Armamento velico a tre alberi e bompresso in pitch pine e pino.

Stazza 313 tsl, 297 tsn.

Lunghezza m. 42,90.
Larghezza m. 8,45.
Immersione m. 4,18

1904 Armatore G.B. Aonzo di Savona. Nome
Adelaide.
         Cap. G. Luporini

1910 Venduta a Emilio Dominici di Viareggio.
         Matricola 200 al Compartimento Marittimo di Viareggio.
         Ribattezzata
Adelaide Margherita.
         Com.te Cap. Emilio Dominici.
         Riclassificata tsl 306, tsn 245.

1916 Sempre di proprietà del cap. Emilio Dominici di Viareggio, viene ribattezzata
        
Aquila.
         Com. Emilio Dominici
         Com. G. Genovali
         In seguito vi venne installato un motore diesel ausiliario Humboldt Deutzmotoren
         da 145 HP/asse.
         Nuovo tonnellaggio 305 tsl e 237 tsn.

1940 Il 17 ottobre 1940 venne requisito a Viareggio dalla Regia Marina nel ruolo del
         naviglio ausiliario dello Stato, venne messo in servizio come dragamine magnetico
          con la sigla
N 10.

Il 21 settembre 1942 l'unità navigava di conserva con l'omologo
San Michele al largo della costa tunisina.

Alle 22:45 vennero avvistate dal smg britannico
P46 (poi Unruffled), al comando del tenente di vascello John Samuel Stevens.

In rotta di avvicinamento alle due unità il smg britannico alle 00.17 del 22 identificò la nave come una grossa goletta a tre alberi, a poppavia della quale navigava un’altra più piccola imbarcazione a motore, che non riuscì ad identificare (il
San Michele).

Il comandante britannico decise di attaccare il motoveliero col cannone: alla 01:05, in posizione 35°33’ N e 11°08’ E, aprì il fuoco da 915 metri, continuando intanto a serrare le distanze.

Il P 46 sparò dodici colpi, otto dei quali andarono a segno incendiando la Aquila, che venne abbandonata dall’equipaggio. Il motoveliero continuò a bruciare per almeno quattro ore, prima di inabissarsi a 8 miglia per 40° da Mahdia (Mehedia, Tunisia).

Non vi furono vittime: dei 26 uomini che formavano l’equipaggio dell’Aquila, tre rimasero feriti, due dei quali in modo grave. Furono tutti tratti in salvo da unità italiane.

ELENCO ALFABETICO VELIERI